Il tennis ama le favole, ma spesso è Novak Djokovic a spegnerle. Stavolta, però, nemmeno il più spietato dei campioni è riuscito a mettere la parola fine su una delle storie più incredibili della stagione. Valentin Vacherot, numero 204 del ranking ATP, ha battuto il fuoriclasse serbo in due set – 6-3 6-4 in un’ora e 42 minuti – conquistando una storica finale nel Masters 1000 di Shanghai. Un’impresa che va ben oltre ogni logica sportiva e che riscrive la storia di questo tipo di tornei: mai nessuno, con una classifica così bassa, era riuscito ad arrivare in fondo in un 1000.
Se da un lato l’impresa del monegasco è straordinaria, dall’altro va detto che Djokovic non è mai apparso in condizione. Fin dal primo set, il 38enne ex numero uno del mondo è sembrato provato, affaticato, lontano parente del giocatore dominante che il circuito conosce bene. Le difficoltà fisiche erano emerse già due giorni fa nella sofferta vittoria contro Zizou Bergs, ma in quell’occasione era bastata la classe per ribaltare l’inerzia del match. Non è stato così contro Vacherot, che ha mantenuto lucidità, coraggio e una straordinaria freddezza nei momenti chiave.
Il punto di non ritorno è arrivato nel secondo set, sul 4-4. Djokovic, fino a quel momento ancora in corsa, ha perso completamente il controllo del servizio regalando tre doppi falli nel game più importante del match. Un regalo enorme, impensabile per uno con il suo pedigree. Vacherot ne ha approfittato e, pur tremando leggermente al momento di chiudere, ha salvato un break point prima di firmare l’impresa. Persino lui, al momento dell’ultimo scambio, sembrava incredulo.
Il 26enne diventa così il finalista con il ranking più basso della storia in un Masters 1000, superando il precedente record di Andrei Pavel, numero 191 al mondo nel 2003 a Bercy. È vero che il torneo cinese si è giocato in condizioni complesse, che hanno messo a dura prova fisico e tenuta dei giocatori, ma questo non sminuisce l’eccezionalità del risultato. Servono talento, determinazione e nervi saldi per arrivare a questo punto in un torneo del genere, contro avversari di ben altro calibro e abituati a palcoscenici molto più prestigiosi.
È lecito chiedersi se Vacherot sarà un caso isolato o se potrà davvero trovare una continuità che finora non ha mai avuto nel circuito maggiore. La sua cavalcata, tuttavia, ha già lasciato un segno. E ora manca solo un ultimo capitolo: l’avversario in finale sarà deciso dalla sfida tra Daniil Medvedev e Arthur Rinderknech, cugino dello stesso Vacherot. Un potenziale scontro in famiglia che aggiungerebbe ulteriore magia a un torneo già segnato dall’imprevedibile.
Per Djokovic, invece, sfuma il titolo numero 101 in carriera. A Shanghai ha vinto l’esperienza, ma anche la stanchezza. Il suo corpo, stavolta, ha detto basta.