Il cemento di Flushing Meadows incorona ancora una volta Aryna Sabalenka. La numero uno del mondo conferma il suo dominio agli US Open vincendo il torneo per il secondo anno consecutivo e salendo a quota quattro titoli Slam in carriera. In finale, la bielorussa ha avuto la meglio su Amanda Anisimova, testa di serie numero otto, con il punteggio di 6-3 7-6 in un’ora e 36 minuti. Una prova di forza, quella della campionessa in carica, non tanto sul piano estetico quanto su quello mentale e tattico, che le ha permesso di chiudere una stagione Slam iniziata tra alti e bassi con un nuovo trionfo sul suo terreno preferito.
La partita è stata meno brillante di quanto il livello delle finaliste avrebbe potuto promettere, ma come spesso accade negli ultimi atti degli Slam, a farla da padrone sono state la tensione e la pressione. Dopo le finali perse a Melbourne e Parigi, Sabalenka si è presentata a New York con l’obiettivo di chiudere il cerchio, e ci è riuscita, pur senza brillare sul piano tecnico. Ha saputo leggere i momenti decisivi, contenere i passaggi a vuoto e approfittare degli alti e bassi cronici di una Anisimova ancora troppo instabile nei momenti chiave.
Nel primo set, la sfida parte subito con grande intensità: l’americana ottiene tre palle break già nel game iniziale, ma la numero uno del mondo riesce a salvarsi e ribaltare l’inerzia. È lei la prima a strappare il servizio all’avversaria e a portarsi avanti, approfittando anche delle difficoltà emotive della Anisimova, ancora condizionata forse dal ricordo amaro della finale di Wimbledon persa malamente. La statunitense però reagisce con orgoglio, infila tre game consecutivi e mette in difficoltà la bielorussa con risposte profonde e aggressive. Ma proprio quando sembra poter prendere il controllo, commette una serie di errori gratuiti che le costano caro. Sabalenka ritrova ordine e concretezza, rimette in fila i giochi e chiude il primo set in meno di 40 minuti.
Il secondo parziale si apre con una battaglia nel servizio iniziale dell’americana, che riesce a tenere il game ma mostra già i primi segni di affanno. Sabalenka resta costante, gestisce i ritmi senza forzare troppo, ma tanto basta per mandare fuori giri la sua avversaria. Il break arriva nel quarto gioco, e anche se la Anisimova riesce subito a restituirlo, l’equilibrio rimane precario. La numero uno del mondo torna a prendersi il servizio dell’avversaria e si ritrova a servire per il match sul 5-3. L’americana però non si arrende: tiene il proprio turno e riesce addirittura a riagganciare la rivale sul 5-5 grazie a un game di risposta impeccabile, infiammando l’Arthur Ashe Stadium.
Il tie-break diventa così il palcoscenico decisivo. Qui Sabalenka fa valere tutta la sua esperienza e la capacità di giocare i punti pesanti con maggiore lucidità. L’allungo iniziale è quello giusto: non concede più nulla e chiude con autorità, completando una cavalcata che la consacra ancora una volta regina di New York. Un’impresa che nel tennis femminile non si vedeva dai tempi di Serena Williams, capace di trionfare per tre edizioni consecutive tra il 2012 e il 2014.
Per Anisimova resta l’amaro di una seconda finale Slam persa, ma anche la consapevolezza di potersi giocare fino in fondo i tornei più importanti, se riuscirà a trovare maggiore continuità. Per Sabalenka, invece, è un altro passo importante nella costruzione di una carriera che la sta confermando tra le grandi protagoniste di questa generazione. E ora, occhi puntati sulla finale maschile: New York aspetta di celebrare, forse, anche un trionfo italiano.