Serie B

Adriano Galliani saluta il Monza: “Non so cosa farò da grande…”

L'addio dello storico dirigente a 50 anni dal suo ingresso nel club

Adriano Galliani saluta il Monza: “Non so cosa farò da grande…”

Dopo cinquant’anni, Adriano Galliani saluta il Monza, chiudendo un capitolo cominciato il giorno del suo ingresso da socio nel club brianzolo. Il closing tra Fininvest e Beckett Layne Ventures (BLV) ha ufficializzato la cessione della società, segnando la fine di un lungo percorso biancorosso. In mezzo, una vita vissuta tra Monza e Milan, sempre al fianco dell’amico di sempre, Silvio Berlusconi.

Un prima, un durante e — forse — un dopo. “Cosa farò da grande? Solo Dio lo sa“, ha detto Galliani alla Gazzetta dello Sport, lasciando aperta ogni possibilità sul futuro. Anche se aggiunge: “Non mi vedo in un club che non sia di Berlusconi“. Dal 29 settembre, con l’effettività delle dimissioni del CdA del Monza, tornerà ufficialmente un libero professionista del calcio. Ma con uno sguardo sempre sul Milan, il “suo” Milan, oggi nelle mani di Massimiliano Allegri.

Max è un grande allenatore“, afferma convinto. “L’ho voluto già ai tempi del Cagliari. Gli ripetevo: ‘Hai il phisique du rôle per il Milan’. Giocava bene, vestiva bene… un bel fioeu, direbbe Gullit“. E sogna lo scudetto al primo anno, come accadde ai suoi tempi: “Può farcela. I dirigenti hanno fatto una scelta azzeccatissima“.

Come fu azzeccata quella per Modric, anche se irrealizzabile: “Avevamo Pirlo, ma Modric, una volta al Real, è diventato inavvicinabile. Mi ricorda tanto Andrea. E Rabiot è fondamentale, sempre piaciuto a Max“.

Ora, libero da ruoli ufficiali, Galliani tornerà ad essere un tifoso a tempo pieno: “Non ho mai smesso. Anche da dirigente del Monza tifavo Milan. Allo stadio non so cosa faccio, me ne rendo conto solo quando mi rivedo in tv… Ho dentro 31 anni di Milan“.

E dove tifare Milan, se non a San Siro? “Una città come Milano deve avere uno stadio all’altezza. San Siro è centrale, servito, storico. Ristrutturarlo è impossibile. L’alternativa è portare le squadre fuori città. Ma un’amministrazione lungimirante deve chiedersi: è meglio avere uno stadio moderno a Milano o perdere Milan e Inter? L’eresia non è abbattere San Siro. L’eresia è costringere le squadre a emigrare“.

 

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