In Italia il tempo non esiste. O meglio, è un concetto astratto, una variabile sacrificabile al primo inciampo. Lo dimostra il caso Fiorentina, dove dopo appena quattro giornate di campionato si è già passati dai proclami ambiziosi al rischio esonero. Stefano Pioli, tornato in viola tra entusiasmo e speranze di rinascita, si trova invece nel pieno di una tempesta. La classifica parla chiaro: due punti, nessuna vittoria, zona retrocessione. E il derby di Pisa, in programma nel prossimo turno, potrebbe trasformarsi già in un crocevia pericoloso.
In altri contesti, magari in Premier League, la pazienza sarebbe la parola d’ordine. “Inutile ricordare quanto ci abbiano messo Ferguson e Klopp a vincere qualcosa. Da noi il tempo è un’ipotesi”, si mormora a più riprese, ma Firenze non è Londra né Liverpool, e la pressione è da sempre un fattore strutturale. Nonostante le rassicurazioni di Pradè, nell’ambiente cominciano a serpeggiare dubbi, mentre iniziano a circolare nomi di possibili sostituti, tra cui due big rimasti senza panchina: Luciano Spalletti e Thiago Motta.
Ma al di là della fretta tipicamente italiana di giudicare, restano i problemi concreti. I numeri della Fiorentina sono allarmanti: due pareggi in trasferta, due sconfitte al Franchi, appena 3 gol segnati e 6 subiti. Il dato più preoccupante, però, riguarda la produzione offensiva: solo 9 tiri in porta in quattro partite, una media da squadra in crisi tecnica, prima ancora che di risultati.
Il vero nodo, però, sembra essere l’identità. Non è ancora chiaro quale sia il progetto tattico di Pioli per questa Fiorentina. Ogni giornata ha portato con sé una variazione: a Cagliari si è vista una difesa a tre con doppio trequartista, a Torino un modulo più offensivo con due punte e un rifinitore. Contro il Napoli si è partiti con il 3-5-2, poi corretto in corsa in un 3-4-1-2, mentre nella gara casalinga con il Como è spuntato il 4-4-2.
Insomma, la sensazione è che Pioli stia ancora cercando la forma giusta per una rosa rinnovata e piena di opzioni, ma finora poco coerente. Il centrocampo abbonda di alternative – da Mandragora a Fagioli, passando per Sohm, Ndour, Fazzini e Nicolussi Caviglia – ma manca un punto fermo su cui costruire. Stesso discorso in attacco: Kean è stato provato da solo o in coppia con Piccoli, Dzeko è una risorsa di esperienza ma con limiti fisici, e Gudmundsson, ancora non al meglio, potrebbe diventare l’uomo chiave sulla trequarti o da seconda punta. Tanta abbondanza, dunque, ma trasformata più in confusione che in ricchezza.
Con più tempo a disposizione, un allenatore espero come Pioli potrebbe lavorare sulla continuità, scegliere il sistema giusto e dare stabilità all’ambiente. Ma il tempo, appunto, sembra un lusso che a Firenze non è concesso. Il derby col Pisa, in trasferta, arriva in un momento delicatissimo: non solo per la classifica, ma anche per la tenuta dello spogliatoio e del progetto tecnico.
Se la Fiorentina non dovesse riuscire a invertire la rotta già nel prossimo turno, le voci sul futuro della panchina potrebbero trasformarsi in decisioni concrete. Per Pioli è già tempo di prove d’appello. Forse l’ultima.