L’Atalanta torna alla sua scuola madre, ma con un accento nuovo. Dopo l’esperienza di Ivan Juric, il club nerazzurro affida la panchina a Raffaele Palladino, un tecnico che rappresenta la naturale evoluzione del pensiero gasperiniano, più che una semplice prosecuzione. Se Juric incarnava l’ortodossia del Gasp — pressione altissima, duelli a uomo e ferocia in ogni zona del campo — Palladino porta una versione più flessibile, moderna e modulare. Una Dea 2.0, meno dogmatica e più capace di cambiare pelle.
Meno furia, più equilibrio
Da Gasperini a Juric, l’Atalanta ha sempre vissuto di intensità e marcature a uomo, difendendo in avanti e cercando il recupero alto. Con Palladino, la filosofia cambierà gradualmente: meno corsa forsennata, più controllo degli spazi. Il nuovo tecnico non è un fanatico del pressing totale, preferisce leggere le situazioni e adattarsi al ritmo della partita.
Nella Fiorentina, ad esempio, ha spesso scelto un baricentro più basso e un blocco compatto, con marcature a zona e linee strette. Una formula che ha garantito equilibrio e risultati, anche contro avversari superiori sulla carta.
Il possesso come arma
La vera rivoluzione di Palladino si vedrà con il pallone tra i piedi. Dopo mesi di confusione offensiva, l’Atalanta ha bisogno di idee nuove in fase di costruzione, e il tecnico campano ne ha molte.
Al Monza, aveva costruito una squadra che ricordava per certi versi la Dea dei tempi migliori: triangolazioni rapide, gioco tra le linee, un quadrilatero di centrocampo capace di creare densità e superiorità numerica.
Alla Fiorentina, invece, ha dovuto adattarsi: senza veri trequartisti, ha costruito un sistema più diretto, verticale, con Kean come perno centrale. Meno fraseggi, più immediatezza e profondità.
La nuova Atalanta potrebbe essere la sintesi perfetta di queste due anime:
- Possesso elaborato e costruzione dal basso;
- Transizioni rapide e verticalità quando serve;
- Un attacco più ricco di soluzioni grazie ai piedi buoni di Koopmeiners, De Ketelaere e Lookman, e alla forza spalle alla porta di Scamacca e Krstovic.
Flessibilità tattica
Il 3-4-2-1 resterà la base, ma Palladino ha dimostrato di non essere prigioniero dei moduli. A seconda dell’avversario o del momento, potrà passare al 3-5-2 o al 4-2-3-1, come già fatto a Firenze e Monza.
È un approccio meno ideologico, ma più strategico: leggere la partita e non imporla a tutti i costi.
Un’eredità da onorare
L’Atalanta del “Palla” promette dunque di cambiare forma ma non sostanza. Restano la ricerca del gioco, la valorizzazione dei talenti, la mentalità offensiva. Cambia invece il ritmo: meno forsennato, più ragionato.
Una Dea meno verticale, ma più pensante. E forse proprio per questo, pronta a rinascere dopo l’era Gasp senza rinnegarla.