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Napoli, Conte ridisegna la squadra nell’emergenza infortuni

Infortuni a raffica, soluzioni da reinventare: il tecnico cerca equilibrio tra moduli, recuperi e identità

Napoli, Conte ridisegna la squadra nell’emergenza infortuni

C’è un Napoli costretto ogni giorno a reinventarsi, quasi a farsi nuovo per necessità prima ancora che per scelta. L’emergenza ha svuotato l’organico in modo così feroce da sembrare una trama grottesca: una squadra costruita con investimenti importanti, ma che oggi guarda alla propria infermeria come a un caveau colmo di pezzi pregiati. Antonio Conte lo ammette senza giri di parole: «Stiamo fronteggiando un periodo decisamente storto». E non potrebbe essere altrimenti, perché la lista degli assenti continua ad allungarsi con puntualità inquietante.

Lukaku e Meret, De Bruyne e Anguissa, Gutierrez e ora anche Gilmour: l’ultimo a fermarsi, volato in Inghilterra per valutare se affrontare un intervento contro una pubalgia sempre più invadente. Qualunque decisione prenda, il Napoli sa già che resterà fuori almeno 45-60 giorni. Due mesi di ferro e spilli, in cui il centrocampo avrà a disposizione soltanto Lobotka, McTominay ed Elmas. Tre uomini a cui si aggrappa Conte, tenendo in tasca più speranza che alternative.

La via del passato

In questo scenario, la soluzione non poteva che nascere da un ritorno alle origini: la difesa a tre. Riproposta con l’Atalanta, ritoccata col Qarabag, ha ridato respiro e solidità al gruppo in due partite che hanno avuto il sapore di una piccola rinascita. Cinque gol fatti, zero paure mostrate, un Maradona finalmente più vicino alla sua versione migliore. La chiave, stavolta, è arrivata dalle linee interne, dove David Neres e Noa Lang hanno trovato la libertà che meglio esalta la loro indole: esterni mobili, imprevedibili, famelici.

Dietro, Beukema ha vissuto una delle sue serate più convincenti, quasi una replica del periodo bolognese, mentre McTominay ha coperto e segnato con la naturalezza di chi non si risparmia mai. E Olivera, potentissimo come nelle sue giornate antiche, ha completato un quadro finalmente più ordinato.

Il piano alternativo

Il 4-3-3 resta un pezzo di storia recente del Napoli, la forma tattica con cui il club ha costruito identità e ambizioni. Conte lo ha usato, lo ha modellato, ma oggi — con il centrocampo ridotto ai minimi termini — rischia di essere un abito difficile da indossare. Non mancano comunque le variazioni: sprazzi di 4-4-2, accenni di 4-2-3-1, soluzioni ibride utili a sopravvivere all’emergenza. La squadra ha imparato ad adattarsi, talvolta anche a dissimulare le proprie difficoltà con una duttilità che Conte ha sempre considerato fondamentale.

L’ombra di Big Rom

Nel frattempo, dietro le quinte, qualcosa si muove. Romelu Lukaku ha un’assenza che pesa come una presenza: basta nominarlo per immaginare un Napoli diverso, più diretto, più fisico, più riconoscibile. Per Conte avere o non avere Big Rom cambia tutto. Il rientro del belga, ormai vicino, potrebbe persino spalancare nuove combinazioni: una coppia con Hojlund o, perché no, una riedizione moderna del 4-3-3 che ha portato al quarto scudetto.

In attesa dei rientri, dei chiarimenti medici e del favore della sorte, al Napoli non resta che continuare a trasformarsi. Perché resistere, oggi, equivale già a vincere qualcosa.