Non sembra, ma il Napoli è ancora lì, davanti a tutti. In un campionato in cui le prime quattro corrono a distanza ravvicinata, la squadra di Antonio Conte è riuscita finora a restare aggrappata alla vetta, nonostante tutto: infortuni, critiche e una Champions League che sta raccontando una storia molto diversa. È il classico paradosso del momento: una squadra che vince, ma non convince, che domina in Italia ma si perde appena varca i confini europei.
Lo stesso Conte, alla vigilia dell’ultima gara di Champions, aveva risposto con orgoglio a chi lo metteva in discussione: «Sento solo critiche da mesi, ma poi guardo la classifica e… toh, c’è il Napoli in testa». Parole dure e vere, ma che oggi sembrano lo specchio perfetto di un gruppo in bilico tra forza e fragilità.
Il Napoli ha due anime. Quella del campionato, concreta e capace di portare a casa i punti anche quando il gioco non brilla, e quella europea, impacciata, prevedibile, quasi timida. In quattro giornate di Champions i partenopei hanno raccolto solo quattro punti, segnando pochissimo e mostrando una pericolosa mancanza di cattiveria sotto porta. L’assenza di De Bruyne, fuori per tre mesi, ha tolto inventiva e ritmo alla manovra, e i numeri parlano chiaro: zero gol nelle ultime due partite tra campionato e coppa, con due 0-0 consecutivi al Maradona contro Como ed Eintracht.
Dietro la solidità è tornata — merito del rientro di Rrahmani, Lobotka e Hojlund, oltre alle parate di Milinkovic Savic — ma davanti è buio pesto. Non basta la spizzata di Anguissa a Lecce per tenere acceso l’attacco, e non possono essere sempre i centrocampisti a risolvere i problemi offensivi.
Il vero nodo riguarda gli esterni: Politano e Di Lorenzo sembrano logorati, mentre David Neres, che l’anno scorso aveva fatto la differenza quando mancava Kvaratskhelia, oggi è irriconoscibile. Conte voleva costruire un Napoli più “europeo”, più aggressivo e verticale, ma si ritrova una squadra più prudente che propositiva.
Ora la sosta per le nazionali è una boccata d’ossigeno. Per ricaricare energie, recuperare idee e, magari, riscoprire la scintilla che si è spenta con l’infortunio di De Bruyne. Il Napoli è ancora primo, ma per restarci servirà qualcosa di più: una nuova luce, una nuova stella polare.