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Marotta: "Oaktree ci lascia lavorare. Lo stadio? Sono scettico"

Il presidente nerazzurro ha parlato della nuova proprietà, delle difficoltà nel costruire un nuovo impianto e del momento dell'Inter

Marotta: "Oaktree ci lascia lavorare. Lo stadio? Sono scettico"
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Giuseppe Marotta, presente alla quinta edizione del Merger & Acquisition Summit organizzato da Il Sole 24 Ore, ha fatto il punto sull'Inter. “Siamo su tre competizioni, e a giugno ne inizierà una nuova, con due squadre italiane protagoniste. Il primo appuntamento è domani, in semifinale di Coppa Italia contro il Milan. In campionato abbiamo tre punti di vantaggio, che non sono molti, ma siamo lì. In Champions, siamo ai quarti e affronteremo il Bayern. Abbiamo proseguito nel nostro percorso virtuoso e vincente, siamo posizionati molto bene, e questo ci riempie di orgoglio. Cercheremo di affrontare tutto nel migliore dei modi, ma un obiettivo lo abbiamo già raggiunto: la partecipazione a questi livelli ci garantisce serenità”, ha dichiarato Marotta. Focalizzandosi sulla situazione economica dell’Inter, il presidente ha espresso un forte malcontento: “Fino a oggi, in Champions abbiamo giocato 10 partite e guadagnato circa 100 milioni. Se vincessimo lo scudetto, guadagneremmo circa 95 milioni, giocando 38 partite. C’è bisogno di un riequilibrio, ma deve avvenire con armonia, senza contrapposizioni violente come in passato. Oggi il divario principale è legato ai diritti TV, e la Lega sta cercando di intervenire. La seconda differenza risiede nei ricavi da stadio durante il matchday. Noi come Inter siamo stati i primi per affluenza e ricavi da stadio, raggiungendo circa 80 milioni. Le squadre concorrenti in Europa ci distanziano di 60-70 milioni. Questo evidenzia l’urgenza di avere uno stadio di proprietà, che diventi un asset da valorizzare”. Sulla questione del nuovo stadio, con Inter e Milan che hanno presentato il progetto al Comune di Milano, Marotta ha espresso scetticismo: “Negli ultimi 10 anni, in Europa sono stati costruiti 153 stadi, di cui solo tre in Italia. L’iter burocratico in Italia è complicato. Il giorno dopo aver depositato la proposta d’acquisto, è stato presentato un esposto alla Procura, che giustamente ha agito. Ci troviamo di fronte a situazioni che sono ancora lontane da un vero e proprio investimento. Inter e Milan sono pronte a investire ingenti risorse, ma l’Italia è l’unico Paese in cui non c’è alcun supporto statale. Sono scettico sull’iter burocratico, i tempi devono essere rispettati, perché gli investitori possono aspettare, ma non all’infinito”.

La polemica continua: “Ho visto un’evoluzione non solo dal punto di vista calcistico, ma anche delle proprietà. Fortunatamente, sono arrivate le proprietà straniere. Se non ci fossero stati Zhang e Oaktree, così come il fondo Elliott, a Milano, saremmo stati in grandissime difficoltà. Le proprietà americane sono otto, quelle straniere undici, mentre nel 2011 tutte erano italiane. Questo riflette una certa involuzione nel mondo imprenditoriale italiano. Prima c’era un modello di mecenatismo, come quello di Giovanni Borghi a Varese tra basket e calcio. La differenza? Allora non c’erano CFO e CEO, ma solo il ragioniere. A fine stagione, il commendatore andava dal ragioniere e chiedeva: ‘Quanto abbiamo perso?’ e si risanava, dando più importanza al risultato sportivo che all’aspetto finanziario. Oggi, fortunatamente, siamo in una situazione diversa, anche per una questione etica. Nel calcio, oggi girano molti soldi e i calciatori guadagnano tanto, ma sarebbe opportuno un ridimensionamento”. Marotta ha poi riconosciuto il ruolo cruciale del passato e del presente nella posizione attuale dell’Inter, mettendo in luce la solidità del club grazie a Zhang e Oaktree: “Oggi c’è un fondo di investimento che non è venuto in Italia per distribuire soldi, ma per puntare sulla sostenibilità, che è l’obiettivo principale. Ho una relazione costante con un fondo che, devo dire, è arrivato con discrezione, garantendo una sostenibilità immediata e una presenza silenziosa che lascia lavorare bene il management. Hanno confermato tutta l’area sportiva con un approccio intelligente. Ogni giorno ci confrontiamo con loro, in un dialogo continuo su aspetti gestionali, finanziari e amministrativi. Sia

mo inoltre di fronte a due società che stanno seguendo un percorso importante, come quello della creazione di uno stadio. Oaktree ha puntato sulle deleghe, ma ribadisco che il rapporto è quotidiano, soprattutto quando ci sono decisioni fondamentali da prendere. Delegare significa anche assumersi responsabilità, quindi bisogna avere il coraggio di prenderle. Io ho sempre avuto il coraggio di fare, e questo mi è stato dato da un percorso vincente che mi ha dato una sicurezza interiore. In ogni club in cui sono stato, ho avuto la delega per decidere, e questo è un presupposto fondamentale. Non potrei mai lavorare in un club che non mi consente di prendere decisioni”.

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