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Lautaro sostituito e arrabbiato: sta per nascere un caso?

Il capitano nerazzurro vive settimane di equilibrio precario tra cambi inattesi, calo realizzativo e un progetto tecnico che mette in discussione le gerarchie.

Lautaro sostituito e arrabbiato: sta per nascere un caso?

Non è un mistero che l’Inter stia attraversando una fase di trasformazione profonda, soprattutto nella gestione delle sue stelle. In questo quadro, le due sostituzioni di Lautaro Martinez — nel derby e poi a Madrid — sembrano il segnale più evidente di una nuova filosofia. Non una bocciatura, ma l’immagine di una squadra che non vive più appesa al proprio capitano.

L’anno scorso era impensabile: la panchina offriva poco e Inzaghi non poteva rinunciare a lui. Oggi Chivu ha un parco attaccanti ricco e competitivo, che gli permette di ruotare uomini e responsabilità.

L’umore e le scelte

Né la società né l’allenatore mettono in discussione la centralità di Lautaro. È un professionista impeccabile, esempio quotidiano per il gruppo. Eppure deve adattarsi a un nuovo ruolo, meno totalizzante. Le reazioni ai cambi — delusione nel derby, irritazione a Madrid — restano dentro i confini dell’agonismo. Julio Cesar lo ha notato a bordo campo: «Non era contento, forse ce l’aveva con il tecnico».

Eppure non c’è traccia di tensioni reali: niente sfoghi privati, nessuna frattura nello spogliatoio.

Un rapporto saldo

Il confronto tra capitano e allenatore, se c’è stato, ha riportato serenità. Chivu sa che l’Inter non può prescindere da Lautaro, e Lautaro sa che il progetto nerazzurro passa anche dalla sua capacità di evoluzione. Le parole di Marotta — «Chivu resterà molti anni» — blindano l’allenatore e la linea intrapresa.

Domenica a Pisa servirà una risposta di squadra, perché il principio non cambia: «L’ego va messo in secondo piano». I numeri intanto parlano: 12 sostituzioni in 15 partite per il capitano, a conferma di una gestione ferrea.

Tra sicurezza e fragilità

Il vero nodo riguarda la brillantezza offensiva. Tre gol nelle ultime nove gare e uno nelle ultime sei di campionato non sono cifre da Lautaro, ma non rappresentano una novità assoluta. Anche lo scorso anno l’inizio fu timido prima della grande crescita che lo rese trascinatore in Europa.

È quasi un tratto distintivo: trattenere il colpo fino ai momenti in cui la stagione si accende davvero.

La voce del protagonista

Lui rimane lucido: «Una volta dicono che non segno in Champions, un’altra che non segno in campionato. Io gioco per la squadra, per i miei compagni, per dare allegria ai tifosi. Il resto non mi interessa».

È così per i grandi calciatori: alimentare discussioni fa parte del mestiere. Ma poi, quando il palcoscenico chiama, sono proprio loro a trovare il modo di mettere l’ultima firma.