All’Inter la ferita di Napoli brucia ancora. Il giorno dopo lo psicodramma del Maradona, né le ore di decompressione né la torta preparata ad Appiano Gentile per i 45 anni di Cristian Chivu hanno riportato serenità. Nell’ambiente nerazzurro il malumore è palpabile: non tanto per il rigore, ormai bollato dall’AIA come errore arbitrale, quanto per le scintille esplose dopo il fischio finale. Nel mirino resta Antonio Conte, l’ex dal dente avvelenato, colui che con il suo Napoli aggressivo e barricadero ha ribaltato il big match e, di fatto, acceso una nuova miccia nella corsa scudetto.
Il duello verbale tra Conte e Lautaro Martínez, classificato in fretta come “cosa di campo”, è stato solo il preludio. Ben più pesanti sono state giudicate le dichiarazioni dell’allenatore partenopeo nel dopopartita, considerate a Viale della Liberazione “sconvenienti” e fuori luogo. A irritare i dirigenti interisti sono state soprattutto le parole rivolte a Chivu e Marotta: il primo, rimasto estraneo alle polemiche, è stato comunque tirato in ballo, mentre il secondo è finito direttamente nel mirino di Conte, che ha commentato con toni duri. “Io non lo avrei permesso da allenatore a un mio dirigente, in questo caso presidente, di intervenire così. Così sminuisce anche il tecnico, io mi sono sempre difeso da solo”, ha dichiarato il tecnico del Napoli, riferendosi alle parole del dirigente nerazzurro.
Marotta, dopo il match, aveva infatti chiesto maggiore uniformità di giudizio sugli episodi arbitrali, pur senza mettere in discussione la prestazione dei suoi: “Il rigore del Napoli ha indirizzato la partita, serve chiarezza, Rocchi aveva detto ‘basta rigorini…’”. Un’osservazione che Conte ha interpretato come un attacco personale, innescando una reazione immediata. In realtà, pare che l’ex allenatore dell’Inter fosse convinto che a parlare non sarebbe stato Chivu, ma proprio il suo vecchio dirigente, con il quale i rapporti restano tesi da tempo.
Tra Conte e l’Inter, del resto, il legame è stato intenso ma breve, consumato tra successi e tensioni nel biennio 2019-21. Insieme hanno conquistato lo scudetto numero 19, restituendo ai nerazzurri un titolo che mancava da oltre un decennio, ma la separazione, avvenuta a maggio 2021, fu tutt’altro che serena. Il tecnico, di fronte ai tagli imposti dal club per ragioni economiche, decise di lasciare, convinto che la società stesse entrando in una fase di ridimensionamento. In realtà, la storia successiva ha dimostrato il contrario: l’Inter, con Simone Inzaghi, ha continuato a competere ad alti livelli, raggiungendo una finale di Champions e costruendo una nuova stabilità pur con un budget ridotto.
Nonostante questo, Conte resta convinto che quella squadra avrebbe potuto vincere ancora di più. “L’Inter è la più forte, poteva vincere di più in questi 4 anni…”, ha affermato con il consueto tono pungente dopo la partita. Una frase che ha ulteriormente irritato l’ambiente interista, soprattutto perché in molti ricordano le sue stesse esplosioni quando era lui a guidare la panchina nerazzurra: dalle notti amare di Champions, come la rimonta subita a Dortmund nel 2019, fino al pareggio col Parma nel 2020, quando inveì per un rigore non concesso a Perisic chiedendo apertamente l’intervento dei dirigenti.
Oggi, a distanza di quattro anni, i ruoli si sono invertiti ma i nervi restano scoperti. L’Inter, concentrata sulla corsa scudetto e sull’Europa, non intende alimentare ulteriormente la polemica, ma non dimentica gli attacchi dell’ex tecnico. Conte, dal canto suo, continua a rivendicare la sua autonomia e la forza del suo Napoli, costruito per dare fastidio a tutti, anche alla squadra con cui vinse e litigò quasi nello stesso respiro. Il copione è pronto a ripetersi: in un campionato dove ogni parola pesa quanto un gol, le scintille del Maradona potrebbero essere solo il primo atto di una rivalità che promette ancora fuoco e fiamme.