Il piano anti-crisi degli arbitri è ancora in fase di studio, e più che un’evoluzione sembra un ritorno al passato: un tentativo di riavvolgere il nastro di un sistema che continua a evidenziare falle invece di risolvere i problemi. Il caso che ha fatto da miccia è il rigore assegnato al Milan contro la Fiorentina: l’arbitro Marinelli, inizialmente, non ravvisa fallo su Gimenez; interviene però il Var, con Abisso che lo invita a rivedere l’azione al monitor. L’AIA ha poi ritenuto sbagliato questo intervento, sottolineando un errore nella chiamata del Var.
A chiarire la posizione della categoria è stato De Marco, che ha spiegato come non si tratti solo di rimproveri a varisti e calciatori sospettati di simulazione, ma di un tentativo concreto di evitare certi errori in futuro. Da qui, scrive la Gazzetta dello Sport, nasce l’idea di fare un passo indietro per farne uno avanti: tra le ipotesi, infatti, c’è il ritorno della Prova TV.
Uno strumento finito in disuso con l’avvento del Var, relegato a sanzionare bestemmie o episodi marginali. Ora si pensa di reintrodurlo anche per valutare simulazioni evidenti. Ma il rischio è creare un cortocircuito ancora più grande: immaginate un arbitro che prende una decisione, un Var che lo corregge, e poi la Prova TV che smentisce entrambi. Errore corretto? Forse. Ma il risultato è una confusione che danneggia tutti: arbitri, varisti e calciatori.
La Prova TV era stata accantonata proprio per evitare decisioni “circolari” e paradossali. Si pensava che due o tre occhi digitali bastassero a evitare errori gravi. Ma evidentemente non è così. Servono nuove soluzioni, forse anche vecchi strumenti, per riacquistare credibilità. Il giro di vite promesso contro i “tuffatori” parte da qui: da un passo indietro, dopo averne fatti due avanti.
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