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Luis Henrique: "Chivu mi chiede di tentare la giocata individuale"

Il nuovo acquisto brasiliano dell'Inter racconta il suo impatto con la squadra di Chivu

Luis Henrique: "Chivu mi chiede di tentare la giocata individuale"
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Luis Henrique è uno dei nuovi acquisti dell'Inter e con l'Urawa Red Diamonds ha giocato la sua prima partita con la maglia nerazzurra dal primo minuto. L'esterno brasiliano ha raccontato in una intervista al Corriere della Sera le prime sensazioni con la sua nuova squadra, gli obiettivi personali e del club, le richieste di Chivu e gli insegnamenti di De Zerbi al Marsiglia.

Lei è figlio di Ronaldo - inizia così la chiacchierata con Luis Henrique -.

«Sì, mio papà si chiama come il Fenomeno. È stato un buon giocatore a livello locale - prosegue Luis Henrique - e mi ha fatto sempre respirare il calcio: sono cresciuto nella sua scuola, è stato mio maestro e allenatore dai 3 ai 14 anni. Un privilegio per me».

Suo padre ha raccontato in passato che lei, coi suoi dribbling e i gol, ha «l’allegria nelle gambe». C’è sempre o rischia di perderla?

«C’è sempre e deve continuare a esistere: è un dono con cui sono nato. Significa poter realizzare il sogno di bambino. E poterlo fare in una grande squadra come l’Inter mi dà tanta felicità».

È vero che parla con sua mamma prima delle partite?

«Sì, è un’abitudine e una forma di anti-stress!».

A 14 anni se ne è andato di casa: è stato difficile?

«La distanza da casa mi pesava, ma la volontà di vincere la mia sfida è sempre stata più forte di tutto».

Cosa chiederebbe a Ronaldo il Fenomeno di questa nuova avventura?

«Della sua intelligenza in campo: di cosa pensava prima e durante le grandi partite».

Lei arrivò a Marsiglia a 18 anni, con il peso di 12 milioni di cartellino. Non tutto è andato per il verso giusto.

«È stato tutto molto rapido, credo di non aver fatto nemmeno 20 partite da professionista col Botafogo quando sono stato venduto. Tutto era nuovo, il tipo di calcio, la lingua. Sono tornato un anno in Brasile, ma poi mi sono affermato: superare le difficoltà è stata una lezione di vita».

L’anno passato la svolta: è stato De Zerbi a cambiarla o è lei che è cambiato?

«Un po’ tutte e due le cose. Sono ritornato dal Brasile, dal prestito al Botafogo, con più esperienza e più fiducia. Lui mi ha dato un appoggio totale che mi fatto crescere molto».

Che consiglio le ha dato De Zerbi dopo il suo addio?

«Di continuare a fare quello che ho imparato con lui e soprattutto di essere felice in campo. E divertirmi».

Chivu cosa le chiede?

«Parliamo molto. E mi chiede di stare alto in attacco, di tentare la giocata individuale. L’Urawa era una squadra molto chiusa e abbiamo fatto fatica: penso che con il River avremo più spazi».

Fin qui è il Mondiale dei brasiliani. Cosa serve perché diventi anche il suo?

«Devo migliorare la condizione atletica: ho fatto una pausa a fine campionato».

Cosa deve fare per sfondare anche in Italia?

«Penso che sia un calcio più tattico di quello francese, che è più fisico. Devo migliorare sotto quell’aspetto».

L’errore da non fare?

«Rilassarmi e pensare che questo sia un punto di arrivo. È un punto di partenza».

Ha 10 mesi per convincere il C.T. Ancelotti a portarla al Mondiale: ce la può fare?

«Ci sono giocatori forti nella Seleçao. Ma l’Inter può darmi una visibilità diversa: dipende da me dimostrare che ho le qualità».

Cosa l’ha impressionata nelle prime settimane?

«Un po’ l’intensità degli allenamenti».

Ha già due figli, la responsabilità non la spaventa.

«No, affatto».

Cosa le piace fare fuori dal campo? Si dice che sia un ballerino di alto livello.

(ride). «Come tutti i brasiliani amo molto la musica e mi piace stare con i miei famigliari, che sono tanti».

Come brasiliano sente ancora di più la sfida al River?

«La rivalità c’è sempre, ma ho tanti amici argentini e ho imparato a capirli meglio».

La sua vera rivalità adesso è con Dumfries. Non è facile.

«Per nulla, ma proprio per questo so che dovrò alzare il mio livello. Le nostre caratteristiche sono un po’ diverse e dipenderà anche dalle situazioni che si creano».

Non ama molto difendere, lo confessi.

(ride) «Un po’ mi costa fatica. Ma so che devo imparare pure questo per migliorare».

Avete rimontato due partite: un buon segno in vista di quella decisiva di domani?

«La reazione è stata ottima, ma non dobbiamo concedere certi gol. E iniziare subito forte contro il River».

Che obiettivi ha?

«Aiutare l’Inter a vincere e per quel che mi riguarda fare più della stagione passata, che è stata la mia migliore».

Ha molta fiducia in sé stesso: lavora anche lei con specialisti della psicologia?

«No, papà è il mio psicologo. Le difficoltà di ambientamento in Europa le ho già vissute e superate. E i 24 milioni di cartellino non mi spaventano: so che devo prendermi delle responsabilità. E che si decide tutto sul campo».

 

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