L’onda ProPal è già arrivata alle porte di Coverciano e promette di invadere Udine. A otto giorni dalla sfida di qualificazione al Mondiale fra Italia e Israele, in programma alla Dacia Arena l’11 ottobre, la vigilia è segnata da preoccupazioni che vanno ben oltre il campo. Allerta rossa per ordine pubblico, timore di proteste e clima politico incandescente: l’incontro rischia di trasformarsi in un caso di sicurezza nazionale.
Pressioni e veti incrociati
Il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, ha chiesto ufficialmente il rinvio del match, ma la proposta non è stata neppure presa in considerazione dalla Fifa. Stop che, al momento, non rientra tra le opzioni del Viminale, deciso a garantire il regolare svolgimento della gara. Spostare o annullare l’incontro significherebbe affrontare un’ondata di ricorsi e aprire un precedente delicatissimo sul piano politico e diplomatico.
La scelta di Udine non è casuale: una sede periferica, logisticamente più facile da isolare rispetto alle grandi metropoli. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi coordina un dispositivo imponente e mantiene contatti costanti con le autorità israeliane per assicurare un’accoglienza “sicura ma discreta”. La nazionale ospite sarà protetta anche da agenti del Mossad: arrivo blindato all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, trasferimento diretto in una struttura segreta e vigilanza continua fino alla partenza.
Doppio livello di controllo
Le forze dell’ordine stanno predisponendo un piano a due fronti mai visto in Friuli: da un lato la gestione delle piazze cittadine, dove confluiranno i manifestanti; dall’altro la sicurezza strettamente legata alla partita. Sono previsti rinforzi da tutto il Triveneto, con barriere per mantenere le proteste lontane dallo stadio e un controllo capillare delle vie d’accesso. «Una situazione del genere è inedita per noi» ammettono fonti della questura locale.
Calcio sullo sfondo
Il paradosso è che, mentre il Paese discute di sicurezza e tensioni internazionali, l’aspetto sportivo passa quasi inosservato. Nonostante il match sia decisivo nel cammino verso USA 2026, l’interesse è tiepido: finora venduti circa 4.000 biglietti, su una capienza disponibile cinque volte superiore. Prezzi popolari (14-50 euro) non bastano a invertire la tendenza. La Figc sta provando a coinvolgere scuole e associazioni per riempire almeno parte delle tribune, ma il rischio di spalti semivuoti è concreto.
Già a settembre, nel match d’andata a Debrecen, alcuni tifosi italiani avevano voltato le spalle durante l’inno israeliano. Le proteste potrebbero ripetersi, alimentando un clima lontanissimo da quello che la Fifa vorrebbe come simbolo di unità e inclusione.
Una partita senza festa
Salvo colpi di scena, Italia-Israele si giocherà regolarmente, ma sarà un appuntamento privo di atmosfera festosa. Piuttosto, un evento blindato, circondato da barriere di sicurezza e tensione politica. Sul campo gli Azzurri di Gattuso cercheranno punti cruciali per avvicinare il Mondiale, ma fuori il messaggio sarà ben diverso: in Friuli, il calcio dovrà convivere con una protesta che non intende fermarsi ai cancelli dello stadio.
