L’Inter arriva al bivio più delicato della stagione con addosso il peso di una serie di cadute eccellenti che hanno incrinato certezze e ambizioni. La sconfitta contro il Liverpool ha soltanto riportato a galla una fragilità che accompagna i nerazzurri fin dall’inizio dell’annata: quando il livello si alza, la squadra di Cristian Chivu fatica a restare in piedi. Ed è in questo contesto che si inserisce la data cerchiata in rosso da tutti, l’11 gennaio, quando Antonio Conte tornerà a San Siro con un Napoli battagliero e in piena corsa. Un ritorno ingombrante, che riapre fantasmi mai del tutto dissolti per una squadra che con le big finora non ha quasi mai trovato la chiave giusta.
Il percorso recente racconta un’Inter brillante con le medio-piccole ma vulnerabile nei grandi appuntamenti. Prima del rigore regalato al Liverpool, la squadra aveva incassato una serie di lezioni dolorose: il tonfo allo Stadium contro la Juventus, la trappola tattica del Napoli al Maradona, il derby perso tra le mosse di Allegri e le fiammate di Pulisic, fino alla beffa dell’Atletico Madrid nel recupero. Ogni partita fa storia a sé, ma il filo conduttore non si spezza mai: contro avversari strutturati, la pressione alta e il calcio dominante di Chivu perdono efficacia.
Il calendario non aiuta e mette subito alla prova la tenuta mentale della squadra. Domenica si va a Marassi, dove la Nord genoana intona lo stesso inno dei Reds, un altro possibile segnale inquietante per chi è reduce da una batosta europea. Poi spazio alla Supercoppa in Arabia, con la semifinale contro il Bologna e una finale potenziale contro Milan o Napoli, entrambe già indigeste in stagione. A complicare il quadro c’è un’Inter priva di pezzi fondamentali della sua ossatura: Calhanoglu e Acerbi sono ai box, Dumfries continua a convivere con il dolore alla caviglia. Mai momento fu più scomodo.
Il gruppo ha usufruito di un giorno di riposo, come da filosofia di Chivu, ma da oggi ad Appiano l’aria tornerà a farsi densa. Il tema caldo è sempre lo stesso: il tabù dei big match. Da fuori potrebbe sembrare un problema mentale, ma lo staff nega. È lo stesso blocco che un anno fa demoliva Bayern e Barcellona, e i dati fisici non segnalano crolli particolari. Semmai, il nuovo sistema di gioco risulta più dispendioso e, soprattutto, è mancata quella cattiveria che nei momenti decisivi fa la differenza. Lo dimostra un numero che pesa come un macigno: sei gol in sei scontri diretti, contro i 43 realizzati nelle altre quindici gare stagionali. La media di 2,88 reti crolla a una sola quando la maglia dell’avversario pesa di più.
In vista della sfida con Conte e del trittico di dicembre-gennaio che può indirizzare la stagione, l’obiettivo è liberarsi del blocco. Nello staff c’è la sensazione che serva solo “stappare” una grande partita: un episodio, una vittoria di peso, per rimettere al posto ogni tassello. Perché l’Inter, per tornare a essere ambiziosa, deve prima di tutto ricominciare a battere chi sta sul suo stesso piano.