Serie A

Acerbi: “Le due finali un orgoglio che nessuno potrà togliermi”

Il difensore nerazzurro si racconta nella sua autobiografia 'Io, guerriero'

Acerbi: “Le due finali un orgoglio che nessuno potrà togliermi”

Francesco Acerbi, autore dell’autobiografia “Io, guerriero” (Rizzoli), ha raccontato nel suo libro il momento del suo passaggio all’Inter nell’estate del 2022, quando aveva 34 anni.

“Si era parlato di un interesse da parte del Napoli, del Marsiglia, ma quando arrivò la chiamata dell’Inter sapevo che era quella giusta. Mi dissi: “Francesco, questa è la tua occasione per giocare nel club che hai sempre guardato con rispetto, quasi con soggezione. Ora sei qui. Tocca a te”.

Essere un giocatore dell’Inter significa vivere un sogno ma anche confrontarsi quotidianamente con pressioni e aspettative: “Perché all’Inter non basta esserci: devi meritartelo ogni giorno. L’approccio non è stato semplice. Quando entri in uno spogliatoio come quello nerazzurro, ogni sguardo pesa. Lì si respira ambizione, si sente la pressione delle aspettative. Devi dimostrare subito di essere all’altezza, anche se hai esperienza, anche se hai un passato importante. Non basta quello che hai fatto prima. Conta quello che fai adesso. Non mi sono mai tirato indietro. Ho ascoltato, osservato, e poi ho cominciato a parlare il mio linguaggio: quello del campo. L’allenamento, la concentrazione, la corsa. Giorno dopo giorno, ho lasciato che il mio modo di stare dentro il calcio parlasse”.

Acerbi si è guadagnato la fiducia di Inzaghi e quella dei compagni “non con frasi a effetto, ma con la serietà, con la coerenza, con l’affidabilità. Quando sai che puoi contare su qualcuno, lo capisci in silenzio. E io volevo essere esattamente quello: uno su cui poter contare, senza fronzoli”.

I tifosi hanno capito chi era veramente Francesco Acerbi: “Ho imparato a non aspettarmi applausi, né a cercarli. Quando arrivi in un club come l’Inter a trentatré anni, devi essere pronto a sentire il giudizio addosso ogni domenica. Sapevo che il tifoso nerazzurro è esigente, si aspetta sempre il massimo da chi indossa quella maglia. Io non chiedevo altro: ero lì per giocare, non per essere giudicato. A poco a poco la gente ha cominciato a capirlo. Hanno visto che non ero li per occupare spazio, ma per guadagnarmelo. Hanno capito che non avevo paura di metterci la faccia. E che, ancora una volta, ero pronto a fare la mia parte”.

Acerbi ha poi raccontato nel suo libro il rapporto molto speciale con Simone Inzaghi. Un rapporto iniziato alla Lazio, con una telefonata mentre era in treno, di ritorno dal matrimonio di Lorenzo Pellegrini. “Mi parlò come uno che ti conosce da sempre. Diretto. Vero. «Francesco, io ti voglio con me. So chi sei. E so cosa puoi dare.» In quel momento capii che non era solo una proposta professionale. Era un riconoscimento. E anche un’opportunità per saldare tutto ciò che avevo vissuto fino a quel punto: la fatica, gli errori, le battaglie silenziose. Firmare per la Lazio non fu solo un passo avanti: fu un punto di svolta”, scrive Francesco raccontando che il suo sì a Simone Inzaghi arrivò senza esitazioni.

“Alla mia prima volta a Formello, mi colpì la velocità: la rapidità dei gesti, delle decisioni, degli sguardi. Ogni dettaglio aveva un peso. Non c’era più tempo per sbagliare. Ma non era paura. Era adrenalina pura. Li capii subito che Inzaghi non era uno qualunque. Era uno che viveva di calcio. Ma, soprattutto, uno che sapeva leggere le persone. E io, che mi portavo ancora addosso qualche ombra, lo percepii subito.

Con lui è sempre stato tutto naturale. Ci siamo dimostrati rispetto e stima reciproci, senza troppe parole. Anche se, quando necessario, le abbiamo tirate fuori con la massima franchezza. Simone non è uno che si impone. Ti conquista. Ti parla guardandoti negli occhi. Ti chiede solo una cosa: fiducia. E te la restituisce moltiplicata. Con lui non c’erano maschere. Se stavi bene, giocavi. Se stavi male, ti aiutava a tornare. Non pretendeva eroi, pretendeva uomini. E per me fu una liberazione”, confessa nelle pagine del suo libro Acerbi. Un legame che poi si è ulteriormente rinforzato all’Inter.

Non poteva mancare una parte dedicata alle due finali di Champions League giocate con la maglia dell’Inter: “Sembrava impossibile arrivarci di nuovo”, scrive Francesco raccontando nel capitolo dedicato alle emozioni forti quell’incredibile vittoria contro il Barcellona. E quel gol iconico porta proprio la sua firma. “In quell’istante ho pensato a tutto quello che avevo vissuto. Alla Lazio, al Sassuolo, alla malattia, al primo gol in Champions, alle vittorie, alle sconfitte. Tutta la mia carriera racchiusa in un secondo”, ricorda emozionato Acerbi.

“Il calcio, purtroppo, non regala nulla. In finale ci siamo andati, sì. Ma l’epilogo non è stato quello che sognavamo. A Monaco di Baviera, il 31 maggio 2025, contro il Paris Saint-Germain, abbiamo giocato. Davvero. Ma non è bastato. Loro sono stati più lucidi, più cinici, più bravi di noi. Rimane l’orgoglio per il percorso esaltante che abbiamo fatto.

E la delusione per l’epilogo. Tuttavia, chi conosce il calcio sa che la stagione era stata lunga, logorante, piena di battaglie. E qualche scoria l’avevamo addosso. Nel calcio, come nella vita, non si vince sempre. Ogni volta che c’è un vincitore, c’è anche qualcuno che perde. Fa parte del gioco”, ammette con un tono lucido Francesco.

Fa male, come potrebbe essere altrimenti? “Quello che so è che non ho nulla da rimproverarmi. Non io, non noi. Abbiamo dato tutto. E arrivare per due volte in tre anni a giocarsi una finale di Champions con questa maglia, in mezzo a mille difficoltà, è un orgoglio che nessuno potrà togliermi. Nemmeno una sconfitta in finale”, è la conclusione di Francesco. Uno che sa come cadere ma anche come rialzarsi.