A Firenze nessuno parla ancora apertamente di crisi, ma l’impressione è che manchi davvero poco perché il malcontento, dopo cinque giornate senza vittorie, si sta trasformando in qualcosa di più profondo. Il pareggio di Pisa ha lasciato più domande che certezze, e nonostante i toni ufficiali restino prudenti, la pressione cresce. Sul campo, sugli spalti, ma anche negli uffici del Viola Park. La squadra è in affanno, la piazza inquieta, la società silenziosa. Un mix che rischia di diventare esplosivo.
Dopo cinque turni di campionato la Fiorentina ha raccolto solo tre punti. Non succedeva dal 1977-78, una stagione che nella memoria dei tifosi è legata più a paure che a sogni. Ma oggi, a preoccupare più dei numeri, è la sensazione di uno smarrimento tecnico e psicologico che coinvolge ogni livello del club: dai giocatori, alla dirigenza, fino alla guida tecnica. Il progetto triennale affidato a Stefano Pioli, arrivato in estate con un contratto da tre milioni a stagione, appare oggi avvolto da un alone di incertezza.
Il presidente Rocco Commisso, dagli Stati Uniti, osserva con crescente amarezza l’evoluzione della situazione. Dopo aver investito 92 milioni sul mercato estivo, si aspettava un avvio di ben altro tenore. Le promesse della campagna acquisti non hanno fin qui trovato conferme sul campo, e l’identità di squadra rimane ancora da costruire. Al Franchi si è già perso due volte (contro Napoli e Como), mentre in trasferta sono arrivati tre pareggi consecutivi (Cagliari, Torino e Pisa). Troppo poco, considerando le aspettative e l’entusiasmo che aveva accompagnato il ritorno di Pioli.
Intanto lo spogliatoio ha vissuto nelle ultime ore un confronto interno particolarmente acceso. Staff tecnico e giocatori si sono parlati a lungo questa mattina, nella consueta ripresa degli allenamenti al Viola Park. I test atletici hanno dato segnali incoraggianti, ma le prestazioni sul campo raccontano un’altra verità. L’atteggiamento, più che la condizione fisica, è finito sotto osservazione.
Da inizio stagione sono stati impiegati ben 23 giocatori, eppure nessuno sembra aver trovato una vera continuità. Persino i leader tecnici e carismatici della scorsa stagione appaiono irriconoscibili: Gosens e Dodô faticano a incidere, Gudmundsson è spento, Fagioli ha perso il posto da titolare, Kean è ancora a secco. L’elenco potrebbe continuare, e i nuovi arrivati, più che dare impulso, sembrano ancora alla ricerca di una collocazione tattica e mentale all’interno della squadra.
È anche per questo che il dibattito si è spostato sulle scelte estive della dirigenza. Il direttore sportivo Daniele Pradé, già nel mirino della critica al termine della scorsa stagione, aveva valutato l’ipotesi di lasciare l’incarico. Commisso lo ha confermato con forza, ma ora anche per lui è arrivato il momento delle risposte. La rosa, costruita con ambizione e risorse importanti, non ha alzato l’asticella come promesso, e i conti cominciano a non tornare.
E poi c’è Pioli. Per ora la sua posizione non è in discussione, anche perché in città resta un nome rispettato, forte del passato in viola e di un bagaglio tecnico che aveva fatto pensare a una svolta possibile. Ma oggi l’allenatore è il primo a sapere che serve un’accelerata. Le sue parole, sempre improntate all’ottimismo (“la squadra è in crescita”, “serve poco per sbloccarci”), cominciano a non bastare. Il calendario ora impone una svolta: giovedì arriva il Sigma Olomouc per il debutto in Conference League, domenica sarà invece la volta della Roma, in un Franchi che si annuncia già carico di aspettative e tensioni.
Due partite in pochi giorni, poi la sosta. Una finestra temporale che potrebbe rappresentare una svolta, in un senso o nell’altro. Perché se è vero che nel calcio bastano sette giorni per ribaltare il giudizio, è altrettanto vero che un altro passo falso potrebbe far deflagrare tutto: dall’entusiasmo iniziale alle certezze societarie. E in quel caso nessuno, da Commisso a Pioli passando per Pradé, potrà chiamarsi fuori.