Balotelli a 'Belve': "Gioco ancora due o tre anni, poi smetto"
Balotelli ospite del programma di Francesca Fagnani ha parlato dell'esperienza genoana e di tanti temi che l'hanno accompagnato in carriera

Rimpianti, confessioni e uno sguardo al futuro. Mario Balotelli torna sotto i riflettori e lo fa da protagonista domani sera su Rai2, ospite di Belve, intervistato da Francesca Fagnani. Un appuntamento atteso, in cui l’attaccante – che il 12 agosto compirà 35 anni – si racconta senza filtri, tra errori, consapevolezze e voglia di non fermarsi.
Dopo l’ultima apparizione in campo con il Genoa lo scorso dicembre e l’ultima convocazione datata 12 gennaio, Balotelli guarda avanti, ma lascia spazio anche all’introspezione. “Avrei potuto fare di più, ma sono felice”, ammette. Nonostante i mesi lontano dal terreno di gioco, esclude l’ipotesi ritiro: “Giocherò due o tre anni prima di smettere. Sarà un trauma atletico, ma quello che ruota intorno al calcio non mi mancherà”. E anticipa: “È difficile che giochi ancora in un club in Italia o in Europa”, aprendo così alla possibilità di un’avventura americana.
Durante la chiacchierata, Balotelli torna anche sul breve e travagliato passaggio al Genoa: “Ringrazio i tifosi che mi vogliono bene, ma ho fatto una scelta sbagliata per il tipo di società”. Non risparmia giudizi netti sul mondo in cui ha vissuto per due decenni: “Il calcio è un mondo finto”, afferma con convinzione. E quando si parla di paragoni illustri, Balotelli non si tira indietro: “Non ho nulla da invidiare a Messi e Ronaldo”. Alla provocazione della Fagnani sulla differenza nei risultati, in particolare sui Palloni d’Oro, risponde: “CR7 si massacra di allenamenti, io no”.
Non manca una battuta sul suo celebre ex tecnico José Mourinho: “Eravamo due teste di cavolo ma come carattere lui è peggio di me!”. E, a sorpresa, racconta anche il fallo più duro subito in carriera: “Da Totti! Gli ho scritto: perché mi hai dato un calcio? E lui disse: manco ti ho preso bene”.
Sul disastro dell’Italia ai Mondiali del 2014, Balotelli accetta parte della responsabilità ma non tutta: “Si gioca in undici. Tanti sono grandi e grossi ma si nascondono facilmente”, dice con amarezza.
Non mancano infine i ricordi più duri legati agli episodi di razzismo, come quello di Ponte Milvio. “Non lo rifaranno, penso se lo ricordino!”, replica secco. Racconta di essersi sentito escluso anche da bambino: “A scuola chiedevo alla maestra se anche il suo cuore fosse nero”.
C’è spazio anche per l’autocritica, da vicende personali come la richiesta del test del DNA per la figlia avuta con Raffaella Fico, a gesti che lo hanno reso iconico, come l’esultanza muscolare del 2012: “È stata una tamarrata!”, ammette oggi con il sorriso.