Ingiocabili?

Paris Saint-Germain travolgente: poker all'Atletico Madrid

Il Paris Saint-Germain di Luis Enrique incanta anche gli Stati Uniti con un 4-0 che la candida come favorita al Mondiale per Club.

Paris Saint-Germain travolgente: poker all'Atletico Madrid
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Paris Saint-Germain a rullo. Sembra tutto già scritto, come una sceneggiatura perfetta che si ripete con nuove comparse e un copione sempre più brillante. Cambia il palcoscenico — dal freddo di Monaco al sole californiano di Pasadena — ma il protagonista resta uno: il Paris Saint-Germain. La squadra di Luis Enrique ha aperto il Mondiale per club come aveva chiuso la Champions League: dominando. Stavolta a pagarne le spese è l’Atletico Madrid, piegato con la stessa superiorità schiacciante con cui l’Inter aveva alzato bandiera bianca appena 16 giorni fa.

Il 4-0 finale al Rose Bowl non è solo un risultato pesante, è un manifesto. Il PSG incanta, controlla, strappa applausi ed entusiasma con un calcio che mescola l’eleganza del tocco corto alla feroce intensità del pressing. Il tutto con una naturalezza disarmante. L’Atletico ha provato a restare aggrappato alla partita, ma già al 19' era sotto: la firma è di Fabian Ruiz, ma l’autore del capolavoro è Kvaratskhelia, imprendibile per tutta la prima frazione. Alla fine del primo tempo, è ancora il georgiano a strappare e servire Vitinha per il raddoppio. Gli 80.000 del Rose Bowl impazziscono, come se il PSG giocasse in casa.

C’è una scena, più dei gol, che racconta meglio di tutto cosa sia oggi il PSG: Hakimi a terra, Doué che scatta a perdifiato all’indietro per coprire la sua zona, nonostante il gioco sia fermo. È lo spirito innestato da Luis Enrique: intensità, sacrificio e bellezza. Questo PSG non gioca solo da squadra di fuoriclasse: corre, si muove, pensa con la testa di uno e il cuore di undici. Una macchina da guerra senza sbavature.

L’Atletico? In confusione totale. Nel primo tempo ha chiuso con il 26% di possesso palla, incapace di ripartire e di tenere il passo. Simeone ha provato a cambiare le carte nella ripresa, passando dal 4-4-2 al 4-2-3-1, ma la sostanza non è cambiata. De Paul largo, Lino fuori, ma nulla ha smorzato il dominio parigino. Kvara ha colpito la traversa, Mayulu ha piazzato il tris e, nel finale, Lee ha trasformato il rigore del definitivo poker. In mezzo, sette cartellini gialli, un’espulsione (Lenglet) e la frustrazione di chi si è trovato davanti un’avversaria superiore sotto ogni punto di vista.

Luis Enrique, rilassato in panchina con i bermuda, assisteva allo spettacolo da regista soddisfatto. Dopo i quattro trofei stagionali, ora la missione è la "manita", la cinquina che porterebbe il PSG a un trionfo epocale anche nel Mondiale per club. Ma questa squadra guarda oltre. Non vuole solo vincere. Vuole lasciare un’impronta. E sembra già sulla strada giusta per farlo.

 

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